L’intelligenza artificiale produce innegabilmente impatto sull’ambiente. Secondo la rivista scientifica Nature, lo sviluppo di strumenti avanzati di intelligenza artificiale (AI) continuerà ad avere un effetto profondo sulla scienza e sull’innovazione
Impiegare strumenti di intelligenza artificiale consuma molta energia.
Questi processi possono essere molto intensivi in termini di calcolo e richiedono l’utilizzo di hardware potenti.
Secondo uno studio datato 2019 e realizzato da ricercatori dell‘Università del Massachusetts, allenare un singolo modello di intelligenza artificiale – ad esempio Chat GPT2 – può portare a immettere in atmosfera circa 283.897 kg di anidride carbonica.
L’equivalente di circa 300 voli di andata e ritorno tra New York e San Francisco.
Queste stime potrebbero essere riviste a ribasso grazie alle sempre più diffuse forniture – da parte di colossi BigTech come Microsoft e Google – di energia rinnovabile per il funzionamento dei propri data center.
Tuttavia, un’eventuale diminuzione andrà rapportata alla crescita della di energia richiesta dagli strumenti di intelligenza artificiale, che saranno sempre più diffusi.
Stando a uno studio pubblicato sulla rivista Joule qualora il trend di espansione dell’AI dovesse continuare a pieno ritmo, la multinazionale NVIDIA prevede di distribuire 1,5 milioni di unità di server AI all’anno entro il 2027. Operanti a pieno regime, questi server richiederebbero almeno 85,4 terawatt/ora di elettricità all’anno, una quantità superiore a quella consumata da molti piccoli paesi nel corso di un intero anno.
La fase di training ha impatto anche sulle risorse idriche.
Quasi tutta l’energia consumata dai server viene infatti convertita in calore, che deve essere rimosso per evitare surriscaldamento dell’infrastruttura. Il calore viene poi raffreddato attraverso l’evaporazione del liquido di scambio, spesso acqua.
Un recente studio dell’Università della California ha sollevato preoccupazioni riguardo all’impronta idrica (prelievo e consumo) significativa e spesso trascurata dei modelli di intelligenza artificiale (IA).
Secondo la ricerca, l’allenamento di GPT-3 nei modernissimi centri dati statunitensi di Microsoft potrebbe comportare l’evaporazione di 700.000 litri di acqua dolce pulita.
Nel 2027, sempre secondo i dati, la crescente domanda globale di IA potrebbe portare a un prelievo d’acqua stimato tra 4,2 e 6,6 miliardi di metri cubi, superando il prelievo annuo totale di metà del Regno Unito.
Oltre ad acqua e emissioni in atmosfera, è importante ricordare che la diffusione dell’intelligenza artificiale ha impatti significativi sulla generazione di rifiuti elettronici.
L’invecchiamento e la sostituzione dei dispositivi di calcolo utilizzati nei data center dovranno essere sempre più oggetto di uno smaltimento sicuro e della gestione sostenibile e circolare dei componenti elettronici dismessi.
I dispositivi sono infatti ricchi di materiali e metalli pregiati, come oro, argento, rame. Materie prime che possono essere riciclate, evitando così nuove estrazioni e ridurre l’impatto sull’ambiente.