l'idrogeno verde per le fuel cells

L’idrogeno verde è la scelta ecologica per alimentare i veicoli a motore e secondo i sostenitori di questa ipotesi, in Europa manca ancora qualcosa per completare la transizione ecologica 

L’idrogeno è una delle opzioni sul tavolo quando si parla di celta ecologica e quindi di combustibili ecologici: in particolare è chiamato idrogeno verde quello prodotto da energia eolica o solare, che dunque è 100% “pulito”, per differenziarlo da quello grigio (derivante da fonti fossili). Secondo François Paquet, direttore della Coalizione per l’Idrogeno Rinnovabile (Renewable Hydrogen Coalition, RHC), in Europa ci sono almeno cinque elementi che frenano la diffusione di questo tipo di combustibile.

Il primo scoglio da superare sono le procedure burocratiche necessarie per produrre idrogeno verde.

L’attuale normativa europea che regola la costruzione di impianti solari ed eolici presuppone un’attesa che va dai sei ai nove anni: «Abbiamo bisogno di procedure più rapide e semplici», afferma Pasquet: «Non possiamo accettare che ci vogliano dieci anni per costruire un impianto eolico: possiamo aspettare due anni al massimo».

Le automobili a idrogeno, immagazzinano il gas in bombole ad alta pressione e lo immettono poi in una pila a combustibile (fuel cell).  Qui avviene una reazione elettrochimica che genera elettricità che alimenta l’automobile: ecco perché i veicoli a idrogeno sono a tutti gli effetti elettrici.

Il secondo aspetto da affrontare è la creazione di una catena di produzione più efficiente, capace di trasportare gli enormi volumi di idrogeno che saranno necessari a soddisfare la domanda: «Dobbiamo imparare dalla Covid e dalle carenze di materia prima che abbiamo avuto», spiega Pasquet, sottolineando la necessità di garantire un accesso senza restrizioni ai componenti fondamentali e alle materie prime necessarie.

Il terzo fattore chiave per poter espandere l’uso dell’idrogeno in Europa è quello di formare talenti che lavorino nel settore.

Pasquet parla di «vasti programmi di formazione» necessari a formare un milione di persone che lavorino nel settore delle energie rinnovabili entro il 2030: è questa la forza lavoro che servirà per raggiungere la neutralità carbonica (net zero).

Un altro problema è la mancanza di un quadro normativo che regoli il settore: l’industria si trova «in un limbo» e il rischio è che, in mancanza di leggi chiare e definite, si continui a importare idrogeno verde da Paesi extraeuropei invece di favorire la produzione interna.

«Non possiamo aspettare altri due anni e mezzo, ma nemmeno sei mesi: ne abbiamo bisogno ora», afferma Pasquet, riferendosi al tempo che bisognerà probabilmente ancora attendere per la revisione del Renewable Energy Directive II (REDII), la direttiva sulle energie rinnovabili.

Secondo il World Economic Forum non riusciremo mai a produrre entro il 2050 due miliardi di veicoli elettrici a batteria, la quantità necessaria a raggiungere il net zero: perché cominciano ormai a scarseggiare le fonti di litio, cobalto e altre materie prime rare che servono per produrre le batterie.

Anche le implicazioni etiche dell’estrazione e il recupero di questi metalli rari, che spesso causano guerre, violenze e sfuttamenti delle popolazioni più povere sono una concausa della situazione.

Infine c’è il problema della concorrenza estera: le industrie europee difficilmente potranno competere con quelle extraeuropee, finché le regole del gioco non saranno uguali per tutti. «Parliamo di produzione sostenibile, standard sociali e ambientali», spiega Pasquet. «Qui in Europa abbiamo una manifattura di alta qualità: dobbiamo assicurarci che le regole siano le stesse anche per i concorrenti del resto del mondo».

In questo scenario, c’è una cosa che non manca: è la richiesta di idrogeno, che attualmente in Europa è pari a 8,4 milioni di tonnellate. Ed è proprio per soddisfare questa domanda che dobbiamo accelerare, evitando di rimanere indietro rispetto al resto del mondo.

La Cina conta di far correre sulle strade un milione di veicoli a idrogeno entro il 2035, il Giappone 800.000 per il 2030, e gli USA cinque milioni entro il 2050 (anche se nel 2021 erano fermi a quota 4000).

In Europa si stima che i veicoli saranno 4,3 milioni nel 2030 – ma l’obiettivo sembra un po’ troppo ambizioso, visto che nel 2021 ne sono stati registrati meno di 4.000 e che, attualmente, le stazioni di rifornimento in tutta Europa sono appena 228.

Idrogeno verde: la scelta ecologica e problematica dell’avvenire
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